Abitudini dure a morire.

Siccome non sono un tipo scaramantico (sic), anche quest’anno espleterò alcune ritualità che ormai fanno parte del mio 31 dicembre – 1 gennaio. E speriamo, come già ho scritto, di porre fine al solito anno pari = sfiga.

31 DICEMBRE

Rompere il piatto vecchio a mezzanotte. Con tutti quelli rotti durante l’anno (coi bicchieri, ovviamente) non mi sono già portato avanti col lavoro?

Bruciare il calendario dell’anno finito. Lo faccio ogni anno, di pomeriggio-sera. Prima lo sfoglio, leggo cosa ci ho scritto sopra: spettacoli, avvenimenti importanti….è finito da un sacco il tempo delle Frasi da Calendario.

Indossare la mutanda rossa. Non che mi abbia portato mai particolarmente bene. Tra l’altro ho delle mutande rosse improponibili.

Mettere le lenticchie in tasca per tutto il veglione. Crude. E distribuirle a chi passa il capodanno con te. Ricordo la prima volta che l’ho fatto, nel capodanno 2001-2002. E non vi dico come ho passato il primo gennaio. Diciamo che funziona alla grandissima come cosa. Giuro.

Nel capodanno 2006-2007 ho fatto il rito de La Doce Uvas. Funziona. Ma ero a Valencia. Dubito a Cagliari abbia qualche valore. Provo con i Dodici shottini di mirto?

1 GENNAIO

Svegliarsi con la consapevolezza che hai 365 giorni prima del prossimo capodanno. Non sei che all’inizio di un anno. Non mette allegria la cosa, no?

Piangere per tutto. L’anno scorso ho pianto quand’ho visto il trailer di “Pina 3D” di Wim Wenders, ho pianto perché avevo litigato (ma davvero!?) con la mia (ormai ex) dolce metà, ho pianto perfino quando è ripartito un amico della mia amica Lara (un tizio che ho visto 3 volte nella mia vita e che non mi sta neanche particolarmente simpatico) e ho pianto per aver speso al cinema 7 euro per vedere “Natale in Sud Africa” (ma per amicizia questo e altro). Un anno piansi per “Pleasenville” su Italia 1. Un altro anno per un ballo di gruppo in un paese. A capodanno divento un vitello… da macellare.

Vediamo quest’anno come va.

La teoria del cammello

L’impotenza è una condizione terribilmente ingiusta. La cosa non dipende da te e tu puoi devi subire e basta, stare zitto e basta, accettare e basta, elaborare e basta. Ingiusto è un lutto e come un lutto, tutto ciò che subiamo, impotenti, va elaborato: negazione e poi rabbia, poi patteggiamento, depressione e infine accettazione.

Non è una questione di voler enere tutto sotto controllo, il fatto è che subire scelte altrui è come vedere qualcuno morire: non ci puoi fare nulla, puoi solo piangere o incassare dignitosamente, o fare scenate patetiche, o ammazzarti. Ma comunque non risolvi, comunque devi subire e basta, stare zitto e basta, accettare e basta, elaborare e basta. Perché la cosa non cambia, non dipende da te.

Mi è successo. Cristo se mi è successo, così come io ho fatto subire, ora subisco. E non sono quì (né altrove) a fare la vittima. Voglio solo dire che non è giusto. Fa male cazzo, fa male.

Poi vabbè, io sono uno stronzo, anzi lo sembro. Perché pare che tutto mi scivoli addosso anche se in realtà io prendo e metto da parte. Ho subito tanti lutti reali e metaforici e per questo, fin dal primo (quindici anni fa), quando succede qualcosa che mi fa soffrire così tanto, invece che subire e basta, stare zitto e basta, accettare e basta, elaborare e basta, io metto da parte e basta. Come una riserva, come la gobba dei cammelli. Metto lì, e piano piano consumo, ossia me la faccio passare.

A volte ci vogliono giorni, altre volte mesi, alcune cose son lì ancora da anni. Ma non me le porto dietro per sempre, ne morirei come chiunque. Ho sempre detto che non lascio feriti alle mie spalle, la verità è che il ferito sono sempre io e che le persone che entrano a far parte della mia vita non muoiono mai, sono sempre quì: mi hanno aiutato a vivere perciò non riusciranno mai a farmi morire.

REBUILDING AGAIN