La teoria del cammello

L’impotenza è una condizione terribilmente ingiusta. La cosa non dipende da te e tu puoi devi subire e basta, stare zitto e basta, accettare e basta, elaborare e basta. Ingiusto è un lutto e come un lutto, tutto ciò che subiamo, impotenti, va elaborato: negazione e poi rabbia, poi patteggiamento, depressione e infine accettazione.

Non è una questione di voler enere tutto sotto controllo, il fatto è che subire scelte altrui è come vedere qualcuno morire: non ci puoi fare nulla, puoi solo piangere o incassare dignitosamente, o fare scenate patetiche, o ammazzarti. Ma comunque non risolvi, comunque devi subire e basta, stare zitto e basta, accettare e basta, elaborare e basta. Perché la cosa non cambia, non dipende da te.

Mi è successo. Cristo se mi è successo, così come io ho fatto subire, ora subisco. E non sono quì (né altrove) a fare la vittima. Voglio solo dire che non è giusto. Fa male cazzo, fa male.

Poi vabbè, io sono uno stronzo, anzi lo sembro. Perché pare che tutto mi scivoli addosso anche se in realtà io prendo e metto da parte. Ho subito tanti lutti reali e metaforici e per questo, fin dal primo (quindici anni fa), quando succede qualcosa che mi fa soffrire così tanto, invece che subire e basta, stare zitto e basta, accettare e basta, elaborare e basta, io metto da parte e basta. Come una riserva, come la gobba dei cammelli. Metto lì, e piano piano consumo, ossia me la faccio passare.

A volte ci vogliono giorni, altre volte mesi, alcune cose son lì ancora da anni. Ma non me le porto dietro per sempre, ne morirei come chiunque. Ho sempre detto che non lascio feriti alle mie spalle, la verità è che il ferito sono sempre io e che le persone che entrano a far parte della mia vita non muoiono mai, sono sempre quì: mi hanno aiutato a vivere perciò non riusciranno mai a farmi morire.

REBUILDING AGAIN