S.O.B. è l’acronimo di Son Of a Bitch

Ciao a tutti mi chiamo Andrea e sono un pezzo di merda.

Ciao Andrea.

Ciao…ehm…non sto qui a fare la vittima, giuro che è vero: io sono uno stronzo. O questo è ciò che si dice di me. A volte me lo si dice in faccia. Altre volte alle spalle. Io conosco i miei limiti così come i pregi. Ma soprattutto conosco la mia buona fede. E posso dire a gran voce che non è più tempo. Sono ormai 4 anni e mezzo che sono mosso da altro.

Essere schietto è essere stronzo. Allora sei educato e quindi sei uno stronzo paraculo.

L’unica cosa che ho capito di questo porco mondo è che se qualcuno vuole vedere il male nel tuo comportamento ci mette poco, per vedere il bene si deve sforzare parecchio.

Dico sempre: il tempo farà capire come sono fatto, chi sono e dove andrò. Non perdo tempo in chiacchiere inutili perché se sono schietto o educato, lo sappiamo come va a finire, no? Chi si è preso la briga di conoscermi davvero è ancora qui.

Sono sereno. Sono felice.

Ciarpame senza pudore

corona-nudo-1“Mi domando in che paese viviamo, come sia possibile accettare un metodo politico come quello che si è cercato di utilizzare per la composizione delle liste elettorali. In Italia la storia va da Nilde Jotti e prosegue con la Prestigiacomo. Le donne oggi sono e possono essere più belle; e che ci siano belle donne anche nella politica non è un merito nè un demerito. Ma quello che emerge oggi attraverso il paravento delle curve e della bellezza femminile, e che è ancora più grave, è la sfrontatezza e la mancanza di ritegno del potere che offende la credibilità di tutte e questo va contro le donne in genere e soprattutto contro quelle che sono state sempre in prima linea e che ancora lo sono a tutela dei loro diritti. Mio marito insegue lo spirito di Napoleone, non di un dittatore. Il vero pericolo è che in questo Paese la dittatura arrivi dopo di lui, se muore la politica come temo stia succedendo”.

Veronia Lario Berlusconi

 

 

 

 

 

 

 

 

Fabrizio Corona saluta l’Italia, anzi l’italietta, come l’italietta merita di essere salutata. Nella mano destra un dito medio che si alza a suggerire che si infilerà laggiù, dando sollazzo e fastidio a seconda dei momenti, e nella mano destra sinistra un membro abbronzato e due testicoli pronti per l’uso. E’ quello che ci aspetta, è quello che ci meritiamo.

L’unico pregio della puntata di Annozero di ieri è stata sentire le parole di Veronica Lario Berlusconi, che a tratti lascia da parte la sua vicenda personale e lancia un monito da Cassandra. Le parole sono quelle soprascritte, interpretate da una Monica Guerritore che si sente inspiegabilmente un’Antigone nel suo monologo finale. Una trasmissione snervante come il Tg4 di Emilio Fede, perché quando non c’è contraddittorio e il padrone di casa è fazioso, non è stimolante seguire la sequela di parole di chi la pensa in maniera estrema da una parte all’altra.

Questa non è politica, è l’opposto della politica. E parlo di Berlusconi che ne spara a raffica e lancia il berlusconismo,  così come  mi riferisco alla politica dell’opposizione che si basa sull’antiberlusconismo. Una buffonata da entrambe le parti. E nessuno fa nulla, perché c’è fame di gossip, di cazzi altrui ed è fantastico che si unisca il pettegolezzo al mondo ancora inesplorato della politica: si sublima il bisogno ancestrale di cazzi altrui. E ce ne freghiamo abbondantemente del fatto che dovremo interessarci a dove stiamo andando. La tanto scandalosa lista elettorale del PDL alle europee che doveva comprendere puttanelle e presunte tali, in realtà mette in politica direttamente dalla tv solo Barbara Matera e Iva Zanicchi, i cui scheletri nell’armadio sono rispettivamente una parte nel polpettone Incantesimo e l’ultima canzone al Festival di Sanremo (Ti voglio senza amore, ma dammi tutto il resto. Fai quello che ti piace, però non finire presto…). E quindi? Voglio sperare che non siamo arrivati a fare politica rinfacciando queste cose. Dove sono i dibattiti pubblici? Dove sono i programmi? Dov’è la democrazia?

Ci infiammiamo tanto per _bigspilla-obamaMister President Barak Obama vedendo anche per l’Italia la svolta (ma perchè?) e versiamo lacrime da coccodrillo sul com’è la  politica e come dovrebbe essere, e poi chi se ne frega.

Ma si, l’America è lontana quando ci fa comodo e gli americani sono tanto simpatici a volte, Angelina e Brad adottano un paio di cambogiani, Madonna dà 500 mila dollari al sindaco abruzzese che glieli chiede, ma tutto qui. Il resto è roba nostra, perchè l’unica cosa che pare essere utile da conoscere del mondo politico e il cugino, lo zio, l’amico, l’amico del cugino o l’amico dello zio (meglio ancora entrambi) che ci dia una mano, una spinta, un pizzino di raccomandazione.

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Il resto è noia. Troppo difficile. Ma lamentiamoci della crisi economica, delle pensioni, della mancanza di lavoro, del treno in ritardo, delle buche nelle strade, del costo della sanità pubblica o della carenza dell’istituzione scolastica.

Come? Tra di noi, mentre scorre la pubblicità del nostro programma tv preferito:

I CAZZI ALTRUI.

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Jackass

hfg4-444-11fg8e5rtre1Mia madre mi ha spaccato le palle con la frase: chi è causa del suo male pianga se stesso, quando ero piccolo, duttile e malleabile come un qualsiasi metallo del cazzo.

Mia madre ha sempre ragione.

Aveva ragione quando mi diceva che quell’amicizia non era sana., infatti era un “amico” che cercava in me il padre che aveva appena perduto e l’amore che non aveva mai avuto. Aveva ragione quando mi diceva che quella ragazza non era quella giusta, infatti ora sto con un uomo. Aveva ragione quando col sopracciglio sollevato (che ora è mio) ripeteva chi è causa del suo male pianga se stesso, infatti ora sto qui a pensarci su.

Su che cosa?

Sul fatto che voglio fare il coglione in giro, spassarmela senza pensieri e senza tema del domani. Ma già se parlo come mio bisnonno è indicativo. L’avevo già detto e lo spiego meglio: io sono visto come una roccia, un approdo, un punto di riferimento. Nonostante io non voglia esserlo. Tre fattori sono a mio sfavore:

1. Sono troppo educato; dico buongiorno e buonasera, do del Lei a chi non conosco, non emetto aria dalla bocca o flatulenze dabbasso, non sono molto greve. Diciamo che in una scala universale io sono greve quanto Rita dalla Chiesa. Ecco, mi sono spiegato. Ecco perché ho dovuto convincere i miei amici che non mi importava se si sanciva il rutto  libero mentre si beveva o se volevano fare i cretini senza tregua. Non è detto che se io non lo faccio gli altri non devono. Sono cresciuto con la convinzione di non essere divertente, non essere simpatico, non essere ben accetto, ecco perché non faccio le cose che fanno loro. Mi vergogno, that’s all. Sono laureato, è un problema. Uso un italiano pressoché corretto. Ricordo ancora in prima superiore che misi forzatamente la parolaccia nel mio parlare, perché mi prendevano in giro. Non sto scherzando.

2. Sembro permaloso come una merda; con me basta arrivare con dieci minuti di ritardo per più di due volte di seguito che apro il mio quaderno con la copertina nera come la pece e segno con il sangue il nome dello sciagurato. Io ho bisogno, un bisogno fisico , di dire alle persone cosa c’è che non va. Perché così loro mi diranno cosa non gli piace di me e io cercherò di migliorarmi, di crescere e di fare del mio meglio. E poi una volta che dico cosa non mi va tutto passa, finisce e ti puoi fare anche i tuoi 10 minuti di ritardo, le carte sono in tavola. Invece, giustamente o meno, io dico cosa c’è che non va  e divento la merda secca spaccapalle. Ovviamente e senza dubbio non è il massimo ricevere un cazziatone da un amico, ma lo giuro sulle ragazze di Non è la Rai, non lo faccio per essere stronzo, è solo voglia  e necessità di schiettezza.

3. Sono sinceramente premuroso. Questo a mio avviso è il vero dramma, la vera colpa: chiedere a qualcuno come sta. Perché li inizia il declino della serata, la discesa verso la noia, la serietà, le lacrime. Ispiro troppa fiducia e questo certe volte non è un bene. La gente con me sente questa enorme voglia: dirmi le cose più tristi e deprimenti che hanno vissuto. Come se io potessi risolvere, farci qualcosa. Ed ecco che in una serata promettente si parla della demenza senile, di religione, di politica, di prostata, di divorzio, di aborto, eutanasia….certe volte vorrei spararmi. Io sono solo uno che si informa e che per il lavoro che fa tocca cose serie, non ho voglia di impelagarmi in cose pesanti anche quando esce con gli amici. Ma questo non è sempre positivo.

In sostanza: voglio fare bagordi, voglio fare cazzate, voglio fare senza pensare. Non voglio più essere visto e considerato come la coscienza, il guru o la roccia. Voglio essere un punto confuso nella massa una volta tanto. Certo è colpa mia, mi piaceva questo ruolo, appagava il mio ego, mi faceva sentire utile. Ma poi la gente mi tratta come tratterebbe Rita Levi Montalcini in birreria  e questo non va.

Voglio essere uno di Jackass….

Mercante di Libertà

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La storia è poco conosciuta: l’incredibile parabola terrena di San Pietro Nolasco, fondatore dell’ordine religioso dei Mercedari, che in piena conquista spagnola da parte dell’islam all’inizio del tredicesimo secolo, piuttosto che lo scontro di religione o la passività sociale, cerca di fare qualcosa. Decide di comprare i cristiani fatti schiavi dai saraceni con le stoffe che commercia e i soldi che  ottiene chiedendo  l’elemosina. Ma non basta più, non basta mai, e allora ecco l’idea: offrirsi, fino a sacrificare la propria vita, perché nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici.

Questa compagnia, la Compagnia Teatro Santa Lucia, nasce nel 1996 e io ci lavoro dal 2001. Il suo scopo è da sempre quello di percorrere una ricerca nell’ambito del teatro dello spirito, l’ageografia e sopratutto portare il teatro laddove il teatro non arriva di solito. Quest’anno è stato fatto uno strappo alla regola, e nella rassegna di teatro itinerante, toccheremo molti spazi teatrali piuttosto che case di riposo,  chiese, orfanotrofi e carceri come invece è successo nei primi otto anni.

Uno spettacolo rock che rappresenta un’altra generazione di giovani, quelli dei primi decenni del ‘200, che hanno davvero lasciato il segno, senza una Maria de Filippi, ma solo con la passione e credendo fermamente in qualcosa. Che tra l’altro,  dura da ben otto secoli.

Beati loro.

Chiedere è lecito. Rispondere è cortesia.

wonderMi è stato chiesto di scrivere della povertà e della ricchezza come strumento della fede. Lo farò. Per tre edizioni ho studiato e interpretato San Francesco, che ha dato le sue ricchezze per ascendere al cielo e da gennaio interpreto invece San Pietro Nolasco, che contemporaneamente al frate di Assisi, in Spagna, usava il denaro e le sue ricchezze per comprare schiavi cristiani in mano ai musulmani. Tutt’e due ricchi. Tutt’e due mercanti di stoffe. Tutt’e due a contatto con l’islam del ‘200. Tutt’e due santi. Tutt’e due han lasciato il segno.

Mi è stato chiesto di essere meno brillante. Ci tenterò. Una persecuzione. Troppo. Io sono troppo. Quasi fosse un rimprovero, una colpa che ho, mi si dice che devo fare meno, dire meno, produrre meno, essere meno. Ma perché? Considerando il fatto che non credo di essere io troppo, ma piuttosto gli altri troppo poco, vivo due volte la sofferenza: lo sbattimento per correre e le parole di chi non mi riesce a stare dietro.

Mi è stato chiesto di mettere su un laboratorio teatrale dopo tentativi altrui fallimentari. L’ho fatto da cinque anni e ancora lo sto facendo. Un esperimento, un tentativo. Vediamo cosa succede mi ha detto il presidente della compagnia di teatro per la quale lavoro. Di li a due mesi, portando a casa la laurea in Scienze Politiche, ho messo su un laboratorio di una decina di giovani e uno spettacolo, scritto da me e da MrG, “Che fine ha fatto Barbie”, una cosetta carina, dignitosa. E da quel giorno, dopo che abbiamo ipnotizzato trecento persone all’anfiteatro sul lungo mare a Marina Piccola, non ci siamo più fermati. Ho tirato su un sacco di ragazze  e ragazzi, gli ho fatto conoscere il “mio” teatro, il mio modo di viverlo e vederlo, una grossissima responsabilità che pesa tantissimo, ma regala, talvolta, bellissime soddisfazioni. A giugno ci sarà l’ennesimo esito scenico che per ora ho chiamato “Una, nessuna o un milione”. E’  una costante palestra anche per me, un laboratorio di esperimenti. Ossigeno.

Mi è stato chiesto di crescere. Ci stiamo lavorando. Non so, forse voglio credere che ho ancora tanta strada da fare nel mondo dei grandi, ma anche qui, nessuno accetta più che io sbagli, chieda aiuto, cerchi il confronto per crescere e farmi uomo. L’emblema di tutto questo è il rapporto coi miei genitori fino a un paio d’anni fa: la pretesa di un figlio adulto e responsabile che a loro piacimento trattavano da ragazzino idiota. Poi ho sbottato. Ho messo sul piatto la mia vita, i successi ottenuti con e senza di loro, gli ho detto che ero innamorato, gli ho detto di chi e quali erano le mie intenzioni, gli ho fatto capire che era diventato un gioco alla pari tra me e loro. E così è. Ma è tremendamente difficile crescere e non sentirti sempre più vicino alla fine. So che non è così, mi han detto che la vita ti tiene sempre sulla corda, ma per me un punto guadagnato significa fine di quella battaglia. E fine non è una parola che mi sconfinfera.

Mi è stato chiesto di andare all’inferno. Sono tornato. Io sono una fenice. A molte persone e a tante situazioni questo mio status non ha fatto comodo. Mi sono comportato molto male nella mia vita, ma anche molto bene, eppure di maledizioni senza perdono me ne sono beccato a fiotti. Eppure le ho sempre digerite, evitate o rilanciate. Mi sono sempre rialzato e ce l’ho sempre fatta. Nonostante tutto e tutti, e ogni volta ero sempre più forte. Si.

Mi è stato chiesto di salvare Atlantide. Ci sto provando.

Mi è stato chiesto di cambiare, ma chi è nato rotondo non muore quadrato.  Illusi.

Mi è stato chiesto di essere perfetto. No.

Mi è stato chiesto di amare incondizionatamente. Ni.

Mi è stato chiesto di perdonare. No.

Mi è stato chiesto di essere. Si.

Mi è stato chiesto di me. Eccomi.

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In mezzo a una bolgia divertente c’è quasi un impulso irrefrenabile a raccontarmi cose tremendamente seriose. Perchè? No answer.

Forse ispiro fiducia, mi ha detto Flavia da Nurberg, la Principessa Garnett. La prossima volta farò, seguendo un suo consiglio, spallucce. Poi dirò “Su con la vita” dando una pacchetta sulla spalla altrui e fuggirò. Funziona. L’avrò visto fare a Flavia da Nurberg, la Principessa Garnett, mille volte. Quella ragazza è un piccolo genio. E dire che me ne avevano parlato tutti malissimo… L’acqua cheta distrugge i ponti invece.

Chi ha paura di Papa Ratzinger?

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Ci sono svariati blog che ogni mattina leggo. Lo sapete, ne ho già dato un esempio un po’ di tempo fa. Si legge, si commenta, ci si confronta, si prende spunto. E oggi sul blog di una tipa mooolto avanti, Penelope, ho letto uno dei tantissimi post su Papa, Vaticano, e compagnia bella, e ho deciso di prendere spunto. Il mio commento è stato:

Non credo che tutti i preti siano pedofili. Ma è ovvio che la sessualità repressa scoppia in maniere bizzarre, e talvolta malsane.
Non credo che il Papa dovrebbe evitare di esprimere ciò che pensa, credo che sia da rispettare in quanto capo di stato e di religione, ma non necessariamente sia da seguire.
Non credo che un capo di stato o di religione possa e debba influenzare la società, in quanto la società non è formata da lui e basta, ma da lui, da me, da te, da lei, da lui eccetera e compagnia bella.
Non credo che al giorno d’oggi l’omosessualità possa essere considerata trasgressione civile o penale, ma l’ignoranza si. La cattiveria si.
Non ho paura del Vaticano. Non gli do peso. Il mio Dio e il loro Dio non si conoscono, è per questo che dico: parlino pure, non mi salveranno ne mi condanneranno l’anima, né io a loro.

Il succo del discorso è: una persona deve essere libera di esprimersi. Io. Il Papa. Tutti. Mi fanno sorridere quando parlano di dittatura dappertutto, e proprio per il fatto che sono liberi di farlo dappertutto non sanno neanche cosa sia una dittatura, sennò non si contraddirrebbero cosi. Mi dispiace che un Dio, la sua opera, la sua gioia e il suo esempio, vengano infangati dagli uomini, uomini miserrimi che decidono per Lui e che pretendono di decidere per me. Che esso sia Padre, Figlio e Spirito Santo,  che si chiami Allah o chissacchè, a me dispiace. Perchè so immaginare cosa significhi provare fede sincera, non per esperienza diretta, ma giuro, lo so. E quindi mi spiace che si parli a vanvera e si agisca peggio in nome di Dio, o della Famiglia, o della Patria, o della Palestina, o di stigrancazzi, e mai, dico mai, in nome dell’Amore. Tutti fanatismi mi fanno proprio schifo, perchè sono figli e frutto dell’ignoranza. Una trinità che si completa con l’uomo: uomo, fanatico, ignorante.