Una donna si sveglia da un sogno incubo, non riesce ad uscire di casa; in un’atmosfera onirica, oscilla tra la vita reale e quella del ricordo, la memoria; torna bambina, adolescente, i giochi, i dispetti con i fratelli, le perdite di tempo, attrazione inconscia per il padre, desiderio di morte per la madre. Il rapporto con il cibo. I sensi di colpa. Lo struggimento della vita adulta. Il corpo è usato come fosse un getto, uno schizzo di colore, scivola precipitando in diagonale, sul pavimento, si scaglia contro le pareti. Il movimento è l’inconscio. Slancio verso la vita e impulso a distruggerla.
Atto unico sull’infanzia ispirato alla pittura di Jackson Pollock. Trattare la scrittura come fosse colore. La pittura di Pollock, solo in apparenza casuale, è il risultato di un lavoro maniacale e ossessivo sulla tela, intesa come spazio, come arena. La prima volta che ho visto un suo quadro ho pensato alla vita, cervello umano sbattuto contro una parete, un colare e vibrare di niente. Niente, inteso come nessuna forma di spiegazione. Ho applicato questo alla scrittura, partendo dal principio che l’essere umano, come nella pittura di Pollock, è un’apparente casualità in un percorso matematico ossessivo. Una coazione a ripetere. Volevo trattare l’infanzia anche in relazione alla vita adulta. I condizionamenti, l’educazione ricevuta.
Eleonora Danco, nella rassegna della CompagniaB, riempie per un terzo il grande teatro Alfieri di Cagliari ed è un vero peccato. Nonostante il testo e l’interpretazione per settanta minuti ripetano in cerchio solo le tematiche di cui sopra, ossessivamente, nonostante la bravissima attrice e autrice interpreti in cerchio solo nei modi di cui sopra, avrebbe meritato un pubblico maggiore. Perché entra dentro, scuote, irrita, incanta, distrae, fa girare la testa, usa lo spazio nervosamente come mille sigarette fumate nervosamente, come infinite unghie mordicchiate nervosamente, come un amplesso consumato nervosamente, come una corsa a perdifiato perché piove una pioggerellina irritante di goccette fini fini, fitte fitte e oblique. Mica male per uno spettacolo teatrale.
Per la cronaca, la sua raccolta di testi per il teatro “Ero purissima” mi è stato prestato nel maggio 2009 ed è stato un ottimo compagno di viaggio a Londra. Non l’avrei mai detto che dopo 8 mesi l’avrei visto in scena.